domenica 29 marzo 2020

22. Come trovare i migliori titoli da dividendi - Step 2 (parte 3)

Let's Zoom!










Dopo
aver visto come investire in azioni di Società con dividendi crescenti abbia un
vantaggio importante sul lungo periodo, abbiamo imparato come riuscire a
crearsi una watchlist personale e iniziato a vedere come, per poter
avvantaggiarsi fino in fondo dell’interesse composto, sia necessario scremarla
utilizzando diversi vari criteri. Abbiamo quindi iniziato a vedere come sia
importante concentrarsi su titoli che:





1.     Paghino dividendi in maniera costante e crescenti nel tempo (dividend
arisctocrats
)


2.     Abbiano un dividendo attuale ed un tasso di crescita dello stesso idonei a
garantirci il raggiungimento dei nostri obbiettivi,


3.     Abbiano un dividend pay out inferiore 65%.


4.     Abbiano un ROE intorno al 13% e comunque superiore alla media di settore).





Rimangono
ora da analizzare gli ultimi due indicatori utili a scremare i titoli che
entreranno nel nostro portafoglio di lungo periodo: il debt to equity ratio ovvero
il rapporto tra capitale di terzi e capitale proprio e la current ratio ovvero
l’indice di liquidità corrente.





C.    DEBT TO EQUITY: questo indicatore ci è utile per comprendere se la
Società si trova in una situazione di equilibrio tra l’utilizzo di mezzi propri
ed il ricorso al capitale di terzi ed evitare quelle realtà che sono in
una situazione di sovra indebitamento (misura in rischio finanziario
dell’impresa).


Esso può
essere calcolato secondo la seguente formula:










Per
essere più prudenti posiamo anche calcolarlo utilizzando un'altra formula:










Dove:










Mentre:












Con
l’evidente differenza che mentre se utilizziamo la PFN andiamo a ricomprendere
le attività, queste rimangono escluse laddove consideriamo la PFN. Se questo ad
alcuni potrebbe sembrare un eccesso di prudenza, dobbiamo sempre ricordare come
mentre la cassa si fa presto a bruciarla, i debiti vanno onorati comunque. È
dunque preferibile utilizzare la performance finanziaria lorda nella
valutazione del debt to equity ratio per tutti coloro che, come me, hanno
un’avversione al rischio più alta e vuole dormire sonni tranquilli.







Qual è un buon debt to equity ratio?




Come
sempre, pur non esistendo misure assolute valide per ogni business e settore,
possiamo trovare delle linee guida abbastanza generali e quindi ritenere relativamente
sicure quelle aziende che hanno un debt to equity inferiore a 2,5.
Mentre valori superiori sono da essere presi in considerazione solo dietra
attenta analisi. Infatti, come buon senso vuole, maggiore è il livello di
indebitamento più elevato è il rischio finanziario.










Come
tutti gli indicatori anche questo, deve essere abbinato ad un analisi
settoriale, ben potendo esistere settori dove è fisiologicamente più alto (come
quelli caratterizzati da costanti e stabili flussi di liquidità in entrata) o dove
anche se più basso siamo di fronte a delle possibili difficoltà finanziarie.
Ricordiamoci infatti che anche se nei momenti di difficoltà alcuni costi di
gestione possono essere ridotti per mantenere un certo livello di profitti ed
il livello di liquidità necessario, gli interessi passivi pagati sui debiti difficilmente
riescono ad essere ridotti (anzi, percependo un rischio maggiore il debitore
tende a richiedere interessi più elevati in caso di rifinanziamento) ed anzi
devono essere pagati anche quando le entrate subiscono un forte calo andando ad
aumentare il rischio di insolvenza.





C.    CURRENT RATIO: l’indice di liquidità corrente è il rapporto tra
attività correnti e passività correnti e serve a misurare la capacità di un’azienda
di ripagare i debiti a breve termine.




Esso si
calcola utilizzando la seguente formula:









E’
quindi un indice che indica la liquidità corrente della Società misurandone la
capacità di far fronte agli impegni a breve termine. Come noi, anche le
Società dispongono di un tempo limitato per estinguere i debiti a breve
termine, quindi il current ratio è utile per stabilire la posizione di
liquidità di una Società.







Qual è un buon current ratio?


Come
spesso accade non vi sono valori buoni a priori ed anche qui è opportuno
compiere un’analisi settoriale. Quello che è certo è che il current ratio non
dovrebbe mai essere inferiore a 1 ed anzi è buona norma , che sia superiore a
1,3
. Ciò indica che l’impresa è in grado di coprire le proprie passività con i
propri asset. Se il current ratio è inferiore a uno, ciò potrebbe significare
che l’impresa ha troppe passività a breve termine da coprire con i soli le
attività correnti e potrebbe ritrovarsi costretta a dover contrarre ulteriori
prestiti in urgenza, magari non alle migliori condizioni, una situazione  sicuramente da evitare.





Se
quindi le azioni di Società con un current ratio inferiore ad 1 sono da
evitare, anche un current ratio troppo elevato può rappresentare un campanello
di allarme. La spiegazione più semplice, infatti, è che la Società non utilizza
in modo efficiente i propri asset e il proprio capitale. Infine, anche un current
ratio instabile e con frequenti variazioni non è ottimale: la ragione, infatti,
potrebbe essere che la società non è in grado di mantenere un flusso di cassa
costante. 




















sabato 28 marzo 2020

21. Come trovare i migliori titoli da dividendi - Step 2 (parte 2)







I pezzi del Puzzle













Nella
prima parte di questa guida introduttiva abbiamo visto come investire in azioni
di Società con dividendi crescenti abbia un vantaggio importante sul lungo
periodo
rispetto al trading di più breve periodo, o all’investire in azioni
di titoli growth. Abbiamo poi visto come riuscire a crearsi una lista di titoli
da inserire in portafoglio composta da titoli affidabili e verificarne l’idoneità
in astratto rispetto ai nostri obbiettivi.





Nella
seconda parte abbiamo poi cominciato a guardare come ridurre ulteriormente la
lista andando ad analizzare più nel dettaglio le singole società guardando al dividend
pay out
come indicatore di affidabilità del dividendo, e visto come il
settore di appartenenza e lo stadio di vita di una Società possano influenzare
le sue politiche di dividendi.





Fino ad
ora abbiamo visto quindi come, per un investitore di lungo periodo, sia
vantaggioso orientarsi verso titoli che:


1.     Paghino dividendi in maniera costante e crescenti nel tempo (dividend
arisctocrats
)


2.     Abbiano un dividendo attuale ed un tasso di crescita dello stesso idonei a
garantirci il raggiungimento dei nostri obbiettivi,


3.     Abbiano un dividend pay out inferiore 65%.





Vediamo
ora ulteriori due elementi da analizzare per scremare ulteriormente la lista di
titoli ed essere sicuri di orientarsi su titoli di elevata qualità e sicurezza:





B.      ROE RETURN ON EQUITY: il ROE è un indicatore di
redditività utile a misurare la redditività del capitale proprio da parte da una
Società. Esso può essere facilmente calcolato utilizzando la seguente formula:

















Dove

















Il risultato di tale operazione ci
fornisce il tasso di remunerazione del capitale di
rischio
, ovvero quanto rende il capitale conferito alla Società dagli
Azionisti e quindi la capacità dell’Azienda di attrarre capitali.





Esso
deve essere confrontato con il tasso di rendimento risk free (solitamente pari
al titolo di stato del paese in cui hanno la sede le attività Sociali) per
ottenere il cosiddetto premio di rischio, ovvero l’extra
remunerazione concessa all’investitore per scegliere di conferire capitale ad
un’impresa, investimento più rischioso per definizione rispetto a quello di
acquistare bond.










Come possiamo utilizzare il ROE nella scelta dei titoli da inserire nel
nostro portafoglio?


Anzitutto,
essendo il ROE un indicatore di redditività, tanto più alto ne sarà il valore,
tanto, maggiore sarà l’appetibilità della Società sul mercato azionario.


Inoltre il
ROE ci aiuta a comprendere la capacità del management di gestire i mezzi propri
per aumentare gli utili aziendali
a parità di capitale investito.


Inoltre
il ROE ci viene in soccorso quando dobbiamo confrontare titoli di società
simili per dimensioni e dello stesso settore
. Qual è il titolo migliore? In
linea di massima una società con un ROE più elevato è da preferire ad una
società con ROE inferiore.





Il ROE può,
in buona sostanza, essere considerato come una sintesi della economicità
complessiva di una società
, ma facciamo sempre attenzione: esso non sempre
è attendibile (poiché, ad esempio, può essere influenzato da fattori estranei
alla gestione caratteristica, come dalle decisioni in merito alla gestione
finanziaria e patrimoniale) e quindi, come ogni indicatore, deve essere
utilizzato in congiunzione con gli altri.





In
generale, Società con ROE superiore al 20 % sono società eccellenti (e
rare) mentre realtà con ROE inferiore al 5% sono da evitare. E’ comunque
opportuna un’analisi approfondita settore per settore per individuare il
livello medio da prendere a riferimento.


Infine, è
opportuno andare ad indagare il trend di medio periodo (5 anni) preferendo
società che mostrino un ROE costante o crescente nel tempo.





ATTENZIONE: in caso di perdita Aziendale, il calcolo del ROE restituirà un
valore negativo. Questo significa che lo squilibrio economico è così
grave da erodere i mezzi propri.


In simili
circostanze è da sconsigliare l’investimento nel titolo.


venerdì 27 marzo 2020

20. Come trovare i migliori titoli da dividendi - Step 2 (parte 1)




Step 2 – La tana del Bianconiglio





Abbiamo
visto come un buon metodo per individuare i migliori titoli da dividendi sia
quello di partire dall’osservazione della realtà e del mondo che ci circonda
andando a vedere quali sono i prodotti, i brand, le Aziende ed in ultima
analisi le Società che più incontriamo nella vita di tutti i giorni e poi scegliere
quelle tra queste sono più adatte al raggiungimento degli obiettivi.





A questo
punto dell’esercizio dovremo essere riusciti a scremare la lista iniziale, ma
dovrebbero residuare comunque diverse decine di Società che conosciamo e che,
almeno potenzialmente, possono essere prese in considerazione come investimento.
Un numero sempre troppo grande da analizzare. È necessario quindi ricorrere ad
un secondo criterio di screening, in un approccio quali-quantitativo rivolto a
saggiare non solo l’idoneità in astratto di una determinata società ma anche la
sua concreta capacità di mantenere determinati standard per il lungo periodo.





Ricordiamoci
infatti che investire in una società per i dividendi è un qualcosa di più simile
all’iniziare una relazione di lungo periodo, un matrimonio, che ad una cosa occasionale.
Prima di sposarci quindi, dobbiamo quindi essere sicuri di selezionare solo quei
titoli che mantengano la promessa di dividendo crescente in eterno necessaria a
tenerci soddisfatti (ed innamorati) per un periodo di tempo quanto più lungo
possibile.





Dovranno essere quindi presi in considerazione alcuni valori
quali:


A.    DIVIDEND PAYOUT RATIO:


è uno degli indici più importanti per valutare la
sostenibilità del dividendo di una determinata Società nel medio/breve periodo.


Il Pay Out Ratio, rappresentando la percentuale di
utili distribuita agli azionisti sotto forma di dividendi,  può essere facilmente calcolato secondo una
delle seguenti due formule:




oppure






 Il Pay Out Ratio è un indicatore di distribuzione,
e serve a dirci quanto, fatti 100 i profitti, viene distribuito agli azionisti
sotto forma di dividendi.


Generalmente esso ha pertanto un valore inferiore a 100
% in quanto una parte di utili viene fisiologicamente reinvestita nel processo
produttivo per finanziare la crescita futura; talvolta però può assumere anche
valori superiori a 100% quando, in presenza di bassi utili, la Società decide
di attingere alle riserve di utili accantonate per il pagamento dei dividendi
onde evitare di tagliare o non distribuire il dividendo. Va da se che quest’ultimo
caso è quanto di più lontano possiamo immaginare dalla sostenibilità che
andiamo a ricercare, un pay out superiore al 100% significa distribuire soldi
che, nell’anno, non si sono guadagnati.


Ai nostri fini pertanto è importante che il pay out
di distribuzione sia compreso tra il 55% ed il 65%
. Tassi di pay out più
elevati sono via via più rischiosi e devono essere presi come segnali di
pericolo per degli azionisti di lungo periodo soprattutto se il trend di medio
termine è ascendente. Le uniche eccezioni alla regola di cui sopra sono le
utilities e i REIT che, per modello di business caratterizzato da una crescita
molto lenta e da investimenti molto pesanti ma di lunghissimo periodo, hanno
fisiologicamente pay out superiori anche all’85%.





Il rapporto tra dividendi distribuiti e utili è anche un
parametro indicativo della politica societaria: tanto più è elevato
quanto più viene perseguita una politica di remunerazione degli azionisti; tanto
più è ridotto quanto più si persegue una politica rivolta all’autofinanziamento.





Dall’analisi del Pay Out Ratio vediamo infatti che, generalmente, le
società più giovani e ad elevato tasso di crescita hanno un pay out più basso, poiché
per finanziare la crescita sono costrette ad investire una parte di utile maggiore
per evitare un eccessivo ricorso all'apporto di nuovo capitale a titolo di
debito (comportando un aumento del grado di leverage) o a titolo di capitale
rischio. Viceversa, società operanti in settori considerati "maturi"
presentano un più alto valore di Pay Out Ratio e possono permettersi di distribuire
come dividendi una quota maggiore di dividendi.


19. Come trovare i migliori titoli da dividendi - Step 1







Step 1 – Pillola Rossa o Pillola Blu?





Mentre l’altra
sera riguardavo Matrix e mentre il protagonista si trovava faccia a faccia con
Morpheus, che li faceva la proposta che avrebbe per sempre cambiato la sua
vita, "pillola azzurra : fine della storia , domani ti risveglierai
in camera tua e crederai a quello che vorrai, pillola rossa: resti nel
paese delle meraviglie e vedrai quant'è profonda la tana del bianconiglio
",
riflettevo come anche nel mondo della finanza personale tutto possa essere
ridotto ad una questione di scelte: fare trading o investire per il lungo
periodo? Puntare sul Chevron o preferirvi la sorella Exxon?





Ecco perché
essere in grado di ricercare da soli i titoli su cui investire è qualcosa da
imparare bene subito perché copiare quello che fanno gli altri è sempre
rischioso. In fondo come facciamo a giudicare la bontà dei nostri mentori se
non siamo in grado di giudicarne l’operato?


Stiamo
parlando dei nostri soldi, dei titoli dove investiamo i nostri risparmi e che
dovremo tenere per un lungo periodo di tempo, attraversando periodo buoni dove
non ci penseremo e periodi meno buoni dove dovremo avere i nervi saldi per non
vanificare, vendendo, quanto costruito fino allora.





Anche se
ci piace pensare che il nostro portafoglio (ed ogni tiolo in esso ovviamente!)
sarà sempre di un verde brillante, dobbiamo abituarci all’idea che, salvo
fortune insperate (ed eventi molto difficili da prevedere) periodi verdi si
alterneranno ad almeno altrettanto lunghi periodi rossi. Almeno questo è quello
che ci hanno insegnato gli ultimi cento anni di storia della finanza.





Ecco perché
è importante avere una strategia di investimento chiara e costruire il proprio
portafoglio su basi, anche motivazionali, molto solide. E’ importante essere
convinti delle proprie scelte in materia di investimenti, conoscere intimamente
e per studio personale i titoli in cui andiamo ad investire i nostri risparmi,
altrimenti non saremo mai in grado di reggere le tempeste dei mercati basandoci
solo sulla fede in quello che Facebook o il nostro amico ci hanno detto. La
storia, e spesso l’esperienza, ci insegna che senza queste solide basi andremo
nel panico e venderemo proprio nel momento peggiore, indipendentemente da
quello che ci riproponiamo adesso.





Eccoci
quindi al punto importante, cosa dobbiamo fare? Come formarci un convincimento
autentico su cui lavorare per scegliere i nostri campioni?





Sicuramente
vi sono un sacco di modi per farlo, probabilmente anche migliori del mio, ma
tutti cominciano dall’osservare il mondo che ci circonda. Che prodotti usiamo?
Quali sono le aziende che li producono?


Dove
facciamo benzina?





Costruiamoci
una watchlist personale, divisa per settore
, e
contiamo quanti e quali sono i titoli che incontriamo più spesso nella nostra
vita. Cosa ne pensiamo?


Non preoccupiamoci
se non investiremmo mai dei soldi nella nostra banca (o forse si), compiliamo
la lista in modo sincero e senza preconcetti. Scopo non è quello di comprare
domani, ma di sviluppare una consapevolezza e, soprattutto, generare idee.


Non
preoccupiamoci nemmeno, a maggior ragione, di fare analisi particolari ma solo
di compilare un elenco suddiviso per settori industriali e paesi (o anche solo
Italiane, EU e US).





A questo
punto andiamo a controllare quali di queste società hanno aumentato tutti gli
anni i dividendi almeno negli ultimi 15 anni (preferibilmente negli 20). Sul
sito delle società, o tramite il contatto dell’ investor relations
riusciremo facilmente ad apprendere questo dato.


A questo
punto, dopo aver inizialmente ridotto la lista, possiamo cominciare un’analisi
più approfondita dei singoli titoli concentrandoci sul rendimento da dividendo attuale
ed il tasso di crescita del dividendo degli ultimi 10 anni.





Avendo
in mente i nostri obbiettivi lanciamo un paio di simulazioni su Excel (o anche
con carta e penna per i meno tecnologici) per vedere la compatibilità dei
singoli titoli con i nostri obbiettivi (simulando tasso attuale e crescita
attesa possiamo prevedere con ragionevole precisione in quanto tempo ci
riescono a “garantire” -brutta parola- il rendimento che ci siamo
prefissati) e riduciamo ancora la lista.





Ancora
troppo lunga?


Procediamo per step.


18. Episodio IV - Una Nuova Speranza

Hope, ovvero la Speranza dell’interesse composito.


Nell’intero universo di internet, non credo esista un solo blog sull’indipendenza finanziaria che non abbia al suo interno almeno un post relativo agli effetti dell’interesse composto, ed alla loro importanza per il raggiungimento degli obbiettivi di lungo periodo di ogni investitore.

Ciò nonostante, continuo a parlare con moltissimi investitori alle prime armi che non conoscono (o volutamente ignorano) i prodigiosi effetti di lungo periodo dell’interesse composto e quindi continuano ad ignorarne i suoi effetti ed a compiere i soliti errori lasciando sul piatto grandi guadagni.

Molti mi chiedono per quale motivo all’interno dei titoli pagatori di dividendi mi ostini a prediligere titoli come i dividend aristocrats che spesso hanno payouts veramente miseri a dispetto di titoli che offrono una cedola molto più interessante sin dal primo momento, magari anche nell’ordine del 8/10%.

Domande del genere che si ripetono con cadenza almeno settimanale mi fanno pensare che sia  giunto il momento di affrontare il tema dell’interesse composto, un tema di speranza, anche all’interno del mio diario di bordo.

La risposta alla domanda, per certi versi banale, è che essendo io un investitore orientato ad ottenere un cashflow costante e crescente dai miei investimenti, anche a scapito di un minore apprezzamento del mio capitale, non ho una vera scelta; l’interesse composto è l’unico strumento (che conosco) in grado di raddoppiare il cash flow da investimenti senza aumentare il capitale per il semplice effetto del trascorrere del tempo.

Sembra magia, ma l’interesse composto altro non è che l’effetto pratico di una semplice matematica applicata.

Cominciamopoi con le basi.

Mentre l’interesse semplice (quello delle obbligazioni o dei titoli a dividendo “fisso” per capisci) non cambia l’ammontare degli interessi che si ricevono, i titoli a dividendo “crescente” come i Dividend Aristocrats offrono dividendi che si rivalutano anno per anno. I grafici seguenti, elaborati utilizzando
dati reali, riassumono e spiegano in maniera grafica il concetto dietro all'interesse composto.



Sia a livello di cash flow (in maniera più rapida) che a livello di rendimento cumulato (in questo caso un po’ più lentamente) nel lungo periodo puntare su titoli a dividendo crescente comporta un vantaggio grande vantaggio in termini economici. E la cosa bella dell’investire in dividendi è che il vantaggio dell’interesse composto, tanto più aumenta tanto più trascorrono gli anni, in maniera quasi esponenziale.

Allungando l’orizzonte temporale da 15 a 30 o addirittura a 40 anni (come per chi si affaccia oggi al mondo del lavoro, i grafici diventano ancora più impressionanti anche se meno significativi per la maggior parte di noi).




Inoltre, ma questo vale anche per l’interesse semplice, avere un approccio di investimento orientato al flusso cedolare anziché al solo apprezzamento del capitale, porta con se un ulteriore vantaggio.

Alla rivalutazione del capitale (estranea questa ai titolari di obbligazioni non indicizzate), infatti, si affianca comunque la possibilità di applicare un effetto moltiplicatore simile all'interesse composto anche ai rendimenti mediante il reinvestimento sistematico di questi ultimi in ulteriori quote di capitale. In questa maniera, infatti, anche i dividendi percepiti comincerebbero a produrre dividendi che si rivaluteranno nel tempo e produrranno a loro volta altri dividendi senza necessità di apportare nuovo ed ulteriore capitale fresco.

L’effetto dell’interesse composito sui dividendi è un vero e proprio effetto valanga che renderà il raggiungimento dei nostri obbiettivi finanziari sempre più vicino e sempre più certo!

Ora, i più attenti di voi avranno notato come le curve dei due grafici si intersecano solo dopo un certo numero di anni. Questo perché l’effetto moltiplicatore dell’interesse composto ha bisogno di tempo per manifestare i suoi effetti. Ma sebbene questo non sia un metodo per diventare (forse) ricchi subito, questo è un metodo per diventare ricchi piano piano ma sicuramente.

mercoledì 25 marzo 2020

17. Dividendi 101




Come già ampiamente detto uno dei pilastri
della mia Strategia d'investimento, come di molte altre, è quello dei dividendi.
Nel momento in cui decidiamo di investire in Azioni, una delle prime scelte a cui
ci troviamo davanti è quella tra due grandi categorie di titoli, corrispondenti
loro volta a due diverse visioni di fondo degli investimenti e della loro
remunerazione: le growth stock e dividend stock. Dal mio punto di
vista, le Società che non pagano dividendi remunerano il rischio assunto dall’investitore
esclusivamente mediante l’aumento del proprio valore nel tempo. Le Società che pagano
dividendi con regolarità, invece, remunerano la fedeltà degli investitori
mediante l’erogazione periodica di piccole (non troppo piccole) somme di denaro
oltre che, come le altre, agli incrementi in conto capitale dovuti all’aumento
del prezzo. Inoltre, considerando che i migliori titoli da dividendo tendono ad
aumentare i pagamenti anno dopo anno, gli investitori possono avvantaggiarsi di
una sorta di interesse composito sui rendimenti futuri.





Che cosa sono i dividendi?


I dividendi non sono altro che una
quota degli utili aziendali
che le Società decidono di distribuire ai
propri azionisti quale retribuzione per i risultati conseguiti nell'anno.


I dividendi possono essere pagati
attingendo agli utili correnti, agli utili passati o essere mantenuti come
riserva e solitamente vengono corrisposti in contanti anche se possono essere
emessi sotto forma di azioni o titoli o anche “in natura”.





A quanto ammontano i dividendi?


Relativamente all’entità dei
pagamenti corrisposti agli azionisti non vi è un importo fisso ma, generalmente,
ogni Società delibera l’ammontare da distribuire, anno per anno (o
trimestralmente).


L’importo finale che l’Azionista di una
data Società riceverà potrà variare, principalmente, sulla base di queste
variabili:


·      il numero di azioni possedute;


·      il tipo di azioni possedute


in merito a questo
punto in Italia esistono le cosiddette Azioni di Risparmio che solitamente
garantiscono al titolare un dividendo maggiore rispetto alle Azioni ordinarie, mentre
in altre giurisdizioni esistono Azioni “preferred” che danno dividendi di
ammontare diverso oppure Azioni di classi diverse, CLASS A, B, C, che hanno
regolamentazioni differenti rispetto alle ordinarie, tra le altre cose, anche sulla
distribuzione dei dividendi pur essendo riconducibili allo stesso titolo (es.
Royal Dutch
Shell ha le Class A (AMS:RDS.A) e le Class B (NYSE:RDS.B)).
I titolari di azioni privilegiate
solitamente percepiscono un dividendo fisso e vengono pagati per primi.;


·      Il tempo di detenzione delle azioni
possedute (alcune società offrono programmi di fidelizzazione dei propri
azionisti al fine di favorire la detenzione dei propri titoli per il lungo
periodo), molte offrono in cambio dividendi maggiorati (ad esempio Air Liquide EPA:AL).





Ogni quanto vengono pagati i dividendi?


Anche le tempistiche del pagamento dei
dividendi possono variare da una società all’altra. Mentre in Italia i
dividendi sono solitamente pagati in un'unica soluzione ovvero con cadenza
semestrale secondo lo schema saldo-acconto, sul mercato Statunitense prevale la
corresponsione con cadenza trimestrale anche se vi sono alcuni casi di
corresponsione mensile (Realty Income (NYSE:O)). Ricordiamoci comunque che questo
non impatta sul quantum percipiendi ma solo sulle modalità di ricezione.


Non tutte le società, inoltre, pagano
dividendi. Le società giovani e quelle in crescita possono scegliere di non
pagarli e di reinvestire gli utili nella società.





Quanto sono sicuri i dividendi?


Ricordiamo infine che le Società non
sono obbligate a pagare dividendi
anche se profittevoli, né a pagarli
sempre nello stesso ammontare, o in ammontare crescente. È anche vero però che
se nulla vieta a una Società di interrompere o ridurre l’ammontare dei dividendi
in qualunque momento, per qualunque motivo ed anche senza preavviso, questo
accade raramente e solitamente per motivi importanti.





Gli investitori che perseguono reddito
cercheranno società con un track record di pagamento di dividendi regolare,
probabilmente appartenente ai
Dividend Aristocrats, ovvero a quel
ristretto gruppo di Società quotate nel S&P500 che sono riuscite non solo a
pagare per 25 anni consecutivi un dividendo ma anche (e certamente più
interessante) ad incrementarlo regolarmente, e comunque almeno una volta
all'anno.


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