giovedì 30 luglio 2020

25 - Guida Alle Opzioni - L'Open Interest

Guida Alle Opzioni - L'Open Interest




A differenza dei titoli azionari che esistono in un numero di “pezzi”
tendenzialmente stabile nel tempo, non vi è né una misura prestabilita né
un numero massimo o minimo di contratti di opzione che possono esistere
per qualsiasi sottostante; il numero di contratti di opzione attivi
contemporaneamente per ciascun sottostante, infatti, tende a fluttuare
seguendo la domanda del contratto stesso. Banalizzando, il numero di
contratti di opzione attivo per un determinato sottostante (c.d.
open interest) corrisponde semplicemente al numero di contratti
aperti e non chiusi per quel determinato sottostante a quel determinato
prezzo ed a quella determinata scadenza.




Per capire quanto detto poc’anzi vediamo di capire come si forma un
contratto di opzione.




Ogni volta che si compra o si vende un’opzione, con il nostro semplice
ordine possiamo indifferentemente creare una nuova posizione o chiudere
una posizione già esistente.






Per questo motivo, quando si opera con le opzioni è sempre importante
ricordarsi di specificare se intendiamo aprire un nuovo contratto
(utilizzando in luogo del solito “buy” e “sell” le diciture
“buy to open” o “sell to open”) o chiudere una posizione già esistente
(utilizzando in luogo del solito “buy” e “sell” le diciture “buy to close”
o “sell to close”).




Non dobbiamo mai dimenticare che le opzioni sono infatti “wasting assets”, ovvero beni con una scadenza il cui valore decresce (o tende a
decrescere) all’avvicinarsi della “expiration date” in conseguenza
del continuo ridursi della vita residua questo per effetto del fatto che,
alla scadenza, la componente di premio relativa alla vita residua (a.k.a.
time value) diventa in ogni caso zero.




Il valore di un’opzione può essere scomposto in due componenti:





  1. il valore intrinseco: pari al valore che avrebbe il derivato nel caso in cui fosse chiuso
    immediatamente;



  2. il valore estrinseco (premio): pari alla differenza tra il prezzo dell'opzione e il suo valore
    intrinseco. La componente del prezzo detta premio è certamente quella ai
    nostri fini più interessante, rappresenta quanto un investitore è
    disposto a pagare in aggiunta al valore intrinseco per una data opzione,
    e dipende da vari fattori, quali la vita residua dell'opzione, la
    volatilità dell'attività sottostante, il tasso di interesse risk free e
    gli eventuali dividendi distribuiti dall'attività sottostante nel
    periodo di vita residua.











Quando un'opzione ha valore intrinseco positivo l’opzione è detta "in the
money" (ITM); le opzioni "at the money" (ATM) e "out of the money" (OTM) hanno entrambe valore intrinseco nullo e pertanto il loro prezzo
equivale, sostanzialmente, al premio (Valore Estrinseco).



Ad esempio comprando
un’opzione Call con strike price a 82 euro verso un sottostante che, al
momento, sta scambiando a 82,75 euro ad un prezzo di 2,45 euro avremo la
seguente scomposizione:



·      
Valore Intrinseco:
0,75 euro



·      
Valore Estrinseco
(premio): 1,70 euro



Diversamente
qualora il sottostante scambiasse a 83 euro la scomposizione sarebbe:



·      
Valore Intrinseco:
0 euro



·      
Valore Estrinseco
(premio): 2,45 euro



Mentre il valore
intrinseco varia al variare del prezzo dell’opzione rispetto al sottostante, il
valore estrinseco si riduce man mano che l'opzione si riduce la sua vita
residua arrivando alla scadenza a zero.



Riprendendo
l’esempio di poc’anzi la situazione che avremmo è la seguente:


Se è ragionevole
per un investitore pagare 2,45 euro per il diritto di acquistare 100 azioni ad
un prezzo pari dell’attuale nella probabilità che a scadenza il sottostante
quoti sopra 85.75 e quindi si faccia un profitto, tale probabilità diminuisce
mano a mano che ci avviciniamo alla scadenza, scendendo allo 0% una volta
raggiuntala.



Ciò nonostante le
opzioni non nascono come delle bombe ad orologeria che vengono scambiate fino
all’ultimo momento per poi esplodere in mano a chiunque sia il malcapitato ultimo
possessore. O almeno non nascono solo per questo.



A riguardo, per
non rimanere incastrati nel quadro micro, una metrica che ci viene in soccorso
è, sicuramente, Open Interest (Contratti Aperti in italiano) che,
se correttamente compreso, ci aiuta a non perdere di vista il quadro d’insieme
di ciascuna posizione.



L’Open Interest
altro non è che la misura di quanti contratti per una determinata opzione sono
aperti, o meglio il n
umero di contratti di
opzione acquistati/venduti dagli operatori e non ancora rivenduti/riacquistati,
in un dato istante temporale.



Come abbiamo visto,
infatti, per ciascun sottostante ed ogni data scadenza e prezzo di esercizio, l'operazione
di acquisto o di vendita di un’opzione da parte di un soggetto che precedentemente
non lo aveva rispettivamente venduto o acquistato incrementa il numero di
contratti aperti di un'unità, mentre l'operazione di vendita o acquisto di un’opzione
su una data scadenza da parte di un soggetto che precedentemente lo aveva
acquistato o venduto riduce il numero di contratti aperti di un'unità.



A mercato quindi le
posizioni aperte sono costituite dal numero di operazioni di acquisto/vendita a
termine che non sono state chiuse dagli investitori con operazioni di segno
contrario.



Questa operazione
non avviene momento per momento ma solo una volta per giornata di
contrattazione, ogni mattina viene riportato l’Open Interest per il giorno
precedente. Questo può essere relativo o a tutti i contratti aperti per singolo
sottostante oppure può essere misurato per tipo di opzione (call o put) per
ogni strike price e per ciascuna scadenza.



Un elevato Open
Interest
per un determinato contratto significa che molte persone sono
interessate a scambiare quel contratto. E’ però un indicatore non direzionale, infatti
per ogni persona che compra ve ne è una che vende e non è possibile, a priori,
sapere chi delle due ha ragione: chi vende e chi compra il medesimo contratto,
infatti, hanno interessi tra loro confliggenti.



Ciò premesso
rimane indubbio che, rappresentando l'Open Interest il numero di contratti opzioni
aperti in uno preciso momento, ciò ci può fornire un’indicazione precisa sull’operatività
degli altri partecipanti al mercato in forma aggregata derivandone in modo
diretto se sta entrando o uscendo denaro dal mercato.


Da ciò deriva che, se registriamo un'Open Interest crescente
durante la fase di un qualsiasi trend, dovremmo interpretarlo come un segnale
di forza del trend stesso, mentre un Open Interest in calo potrebbe rappresentare
un segnale di indecisione e di probabile inversione del trend in corso; infatti
quando un trend vede di colpo diminuire l'Open Interest, è molto probabile che
quel trend stia per esaurirsi.



Oltre a ciò il vantaggio
più grande che possiamo ricavare da un indicatore come l’Open Interest è
la liquidità del contratto sottostante. Open Interest particolarmente
elevati significa maggiore liquidità e quindi spread bid/ask minori.





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